Dynamic pricing, sta arrivando la tempesta?
Le prevendite per il reunion tour degli Oasis hanno fatto conoscere al mondo il dynamic pricing, ovvero il prezzo dinamico per i biglietti dei concerti: il modello, già ampiamente utilizzato anche in Italia in altri settori – tra gli altri, quello alberghiero e quello dei trasporti – negli Stati Uniti è già una realtà consolidata, e presto potrebbe arrivare anche da noi. Le istituzioni europee stanno già monitorando la situazione da vicino, dividendosi tra i favorevoli alla regolamentazione e i più intransigenti, orientati verso il divieto. La lunghezza di una coda al botteghino potrà mai determinare il face value di un biglietto? Chi favorisce davvero questa pratica? Il prezzo dinamico può davvero arginare il fenomeno del secondary ticketing? E, in ultima analisi: il dynamic pricing è – come sostiene chi lo promuove – un modo per rendere ancora più florido un settore già di per sé molto ricco e per sostenere in modo diretto gli artisti, o è – come hanno lasciato intendere migliaia di fan dei fratelli Gallagher – la peggiore minaccia che potrebbe incombere sul comparto della musica dal vivo?